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Le fasi del problem solving: 5 step per la soluzione dei problemi

25 Ottobre 2018
Le fasi del problem solving: 5 step per la soluzione dei problemi

ARTICOLO AGGIORNATO DICEMBRE 2025

Il problem solving aziendale è una competenza fondamentale per chi gestisce team, processi e progetti in contesti professionali. Non si tratta solo di trovare soluzioni, ma di applicare un approccio strutturato che consenta di analizzare le cause, valutare alternative e misurare l’efficacia degli interventi.  Abbiamo visto come il problem solving sia una capacità che può essere allenata, sviluppata e potenziata.

Diversi metodi e strategie di risoluzione del problema sono stati elaborati per consentire di trovare soluzioni efficaci in tempi rapidi, supportando manager e professionisti nella gestione di situazioni complesse. In questo contesto, conoscere a fondo le fasi del problem solving aiuta a standardizzare processi e ottenere risultati misurabili.

Le fasi del problem solving

Dopo aver individuato un elenco di potenziali problemi, il prossimo passo per un buon manager è quello di trovare soluzioni efficaci per questi problemi, individuando le competenze necessarie a risolverli. Ecco i cinque passaggi principali del ciclo di problem solving applicabili in contesti aziendali.

1.Analisi dei fattori o delle cause che contribuiscono al sorgere del problema

La prima fase del problem solving richiede un’identificazione delle cause originarie del problema e dei principali fattori coinvolti per determinare l’ambito dei problemi. Le abilità utili sono ascolto attivo, raccolta dati, analisi dei dati, analisi storica, analisi causale, analisi dei processi, identificazione dei bisogni etc. , strumenti fondamentali per identificare le criticità nascoste e preparare interventi mirati che riducano errori e inefficienze.

Questa fase rappresenta la base di tutto il processo di problem solving. Analizzare con attenzione le cause permette di evitare soluzioni superficiali e di individuare eventuali criticità strutturali. Utilizzare strumenti come diagrammi di flusso, mappe dei processi e raccolta dati storici consente di creare una panoramica completa, facilitando il coinvolgimento dei team e l’identificazione di punti critici spesso nascosti.

2. Individuare una serie di soluzioni alternative per raggiungere l’obiettivo finale

La seconda fase implica l’individuazione di una serie di opzioni da considerare per risolvere il problema. In questa fase entrano in gioco capacità come quelle di brainstorming, pensiero creativo, previsione, progettazione, pianificazione e così via.

Generare un ampio ventaglio di alternative consente di valutare diverse strade possibili, bilanciando rischi, costi e benefici. Workshop collaborativi, sessioni di design thinking e strumenti digitali di brainstorming possono stimolare idee innovative e favorire la partecipazione attiva del team, garantendo soluzioni sostenibili e più efficaci nel lungo termine.

3. Valutazione delle soluzioni migliori

Qui entrano in gioco le misurazioni sui benefici, i possibili successi e i progressi forniti dalla metodologia di problem solving adottata. Le competenze richieste variano da quelle di analisi, discussione, corroborazione, lavoro di squadra, a quelle di mediazione, definizione delle priorità, decision making etc, capacità che aiutano a confrontare le alternative in modo oggettivo, riducendo rischi e massimizzando l’impatto positivo sul team e sull’azienda.

Si tratta di una fase cruciale per trasformare le idee in azioni concrete. È importante utilizzare criteri oggettivi, come KPI, analisi costi-benefici o valutazioni di rischio, per confrontare le alternative. Coinvolgere più prospettive all’interno del team permette di anticipare criticità e prevedere impatti su processi e persone, aumentando la probabilità di successo della soluzione scelta.

4. Implementazione di un piano

La fase successiva implica la creazione di un piano d’azione che preveda obiettivi, strategie, ruoli e responsabilità. Le competenze richieste vanno da quelle di gestione del progetto alla collaborazione, la gestione del tempo, sviluppo del benchmark, fondamentali per garantire un’esecuzione ordinata e coordinata, con chiari obiettivi e responsabilità definite.

Tradurre le decisioni in un piano operativo efficace richiede attenzione alla comunicazione interna e alla gestione del cambiamento. Stabilire milestones, assegnare responsabilità precise e definire strumenti di monitoraggio consente di mantenere il team allineato sugli obiettivi e di correggere tempestivamente eventuali scostamenti. Un piano ben strutturato migliora la coordinazione, aumenta la motivazione del team e garantisce maggiore controllo sui risultati.

5. Misurazione dell’efficacia degli interventi

L’ultima fase implica la misurazione di successo della strategia di problem solving attuata in base al raggiungimento degli obiettivi previsti. Qui entrano in gioco competenze come l’analisi dei dati.

Valutare l’efficacia degli interventi è fondamentale per apprendere dall’esperienza e consolidare pratiche vincenti. Strumenti come survey interne, KPI di performance, feedback dei team e report analitici permettono di misurare l’impatto reale delle soluzioni adottate. Questa fase consente di ottimizzare i processi, rafforzare le competenze dei collaboratori e trasformare ogni problema affrontato in un’opportunità di crescita organizzativa.

Migliorare processi e decisioni con il problem solving

Sapere padroneggiare queste fasi significa non solo risolvere criticità immediate, ma anche ottimizzare workflow, prendere decisioni più consapevoli e sviluppare capacità strategiche applicabili in diversi contesti aziendali. Per approfondire e acquisire strumenti pratici avanzati per la gestione dei progetti e la risoluzione efficace dei problemi, affidatevi al Master in Project Management di GEMA Business School.

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