Strategie di recruiting e retention, i benefit: se non potete offrire di più, offrite meglio

10 Novembre 2015
Strategie di recruiting e retention, i benefit: se non potete offrire di più, offrite meglio

Strategie di recruitingStipendi stagnanti? Impossibilità di offrire più della concorrenza?

In un periodo come quello che stiamo vivendo, non riuscire ad attrarre talenti o a mantenerli in azienda può rivelarsi un grave danno per la competitività.

Per questo dovremo poter contare, nella nostra “cassetta degli attrezzi” da specialisti dell’HR, su tutte le migliori strategie di recruiting e di retention per ovviare alla mancanza di risorse più classiche.

Ed è proprio quando scarseggiano le risorse che si deve ricorrere alla creatività. Ve lo abbiamo dimostrato con i 6 fringe benefit più particolari che abbiamo trovato.

Ma, cos’è che si aspettano i lavoratori? A dircelo è uno studio dell’SHRM (segui il prossimo link per scoprire cos’è l’SHRM).

Lo stipendio non è adeguato? Il benefit può fare la differenza

Lo studio è stato condotto sulla realtà statunitense, ma è possibile trarre qualche spunto di riflessione valido anche in Italia. L’interessante ricerca mette in luce, in particolar modo, la diffusione e l’efficacia (in termini di soddisfazione del lavoratore e di ritorno dell’investimento) di tre tipologie di benefit:

Benessere – Due terzi dei professionisti HR intervistati hanno dichiarato che la loro organizzazione ha offerto programmi, risorse o servizi nell’ambito wellness ai propri impiegati. Un’iniziativa che sembra aver ottenuto un crescente apprezzamento da parte degli impiegati.

Lavoro flessibile – Il 48% degli intervistati ha dichiarato che la propria organizzazione offre agli impiegati l’opzione del lavoro flessibile, nella metà di queste realtà, gli impiegati che accedono a questa tipologia di lavoro è la maggioranza. Nella cultura aziendale italiana il lavoro flessibile si accompagna sempre al timore di una ridotta produttività. Il report dell’SHRM smentisce questo timore: nel 29% dei casi la produttività dell’azienda è aumentata, nel 70% è rimasta inalterata e solo nel 2% dei casi si è riscontrato un calo.

Previdenza – Il 96% dei professionisti HR ha dichiarato di aver previsto un’assicurazione sanitaria per i propri dipendenti. Ma, negli USA è un obbligo di legge per le imprese con più di 50 dipendenti. Tra le azioni che si ritengono più efficaci, in questo ambito, rientrano per il 21% dei professionisti le iniziative che tendono alla creazione di una cultura organizzativa che favorisce la salute e il benessere.

Il benefit come strategia di retention

Lavoratori qualificati, lavoratori particolarmente efficienti o veri e propri talenti: queste tipologie di dipendenti sono un vero e proprio tesoro sul quale conviene investire. Quanto vengono utilizzati i benefit come strategia di retention dei dipendenti? La risposta viene ancora dalla recente ricerca SHRM:

Il 33% degli intervistati ha dichiarato che la propria organizzazione, negli ultimi 12 mesi, sono state attuate strategie di benefit per trattenere impiegati a ogni livello dell’organizzazione.

Nell’80% dei casi la copertura sanitaria è stata la strategia alla quale si è fatto ricorso. La previdenza pensionistica è stata una leva per il 51% dei casi.

Il benefit come strategia di recruiting

Quando lo stipendio offerto non può competere con la concorrenza, per acquisire una risorsa particolarmente valida (e per attrarre talenti) si può ricorrere al benefit.

Nel 38% dei casi, i professionisti HR hanno dichiarato che la loro organizzazione ha incontrato difficoltà nell’assunzione di personale. Una statistica che ha visto crescere vorticosamente i casi dal 2012 (23%).

I due quinti degli intervistati hanno dichiarato che la loro organizzazione ha utilizzato la leva dei benefit nei programmi di reclutamento delle risorse umane a ogni livello dell’organizzazione. Anche in questo caso, la statistica ha evidenziato un incremento significativo rispetto al 2012 (29%).

Come per la strategia di retention, la tipologia di benefit ai quali si è fatto più ricorso sono quelli che riguardano le coperture mediche (82%). Solo nel 41% dei casi si è puntato sul lavoro flessibile.


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