
Dall’entrata in vigore delle nuove norme introdotte dalla
riforma del lavoro firmata dal ministro
Fornero, cambiano i principi che disciplinano l’istituto del
licenziamento individuale. Dal 18 luglio 2012, la Legge n° 92/2012 ha apportato significative modifiche all’
articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e ai suoi principi, in vigore da ben quaranta anni.
Certamente, la vera novità introdotta dalla
riforma del lavoro della
Fornero è la pluralità di soluzioni previste in caso di
licenziamento illegittimo; tra queste vi è anche il reintegro che, però, non è automatico né obbligatorio, al contrario di quanto previsto dal precedente regime legislativo. Nello specifico, la reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato è obbligatoria, indipendente dal numero di dipendente dell’azienda, solo in caso di licenziamento discriminatorio o ritorsivo.
Per quanto riguarda, invece, tutti i restanti casi di
licenziamenti viziati di illegittimità, tanto per mancanza di giustificato motivo oggettivo (disciplinare) quanto per mancanza di giustificato motivo soggettivo (economico), il reintegro è cosa molto più complicata e rara su cui largamente decide e interviene il magistrato. Solo nei casi più gravi è, infatti, previsto, altrimenti si parla di indennità risarcitoria. Purtroppo il legislatore, nel qual caso la ministra
Fornero, non ha speso molte parole su quali siano queste eccezioni, lasciando ampia discrezionalità al giudice che deve decidere nel caso singolo.
Tra l’altro, il giudice dovrà considerare, innanzitutto, quanto previsto dal
contratto collettivo prima ancora che il discusso articolo 18 e, quindi, richiedere il reintegro anche solo sulla base di questo.
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