A cura di Daniele Bianchi – Presidente di GEMA Business School
Sentimenti, emozioni, motivazione e comportamenti di chi è stato risparmiato da una ristrutturazione aziendale.
Un licenziamento è sempre un atto traumatico non solo per che lo subisce ma anche per chi lo attua. Gli esperti di organizzazione del lavoro hanno ampiamente studiato le conseguenze che tale azione implica per coloro che perdono il posto di lavoro. Un lavoratore licenziato passa velocemente dallo sconforto e paura per il futuro, alla rabbia nei confronti dell’impresa considerata “colpevole”, ingrata ed ingiusta.
Gli Executive delle Risorse Umane sono ben consapevoli degli effetti traumatici del licenziamento e delle conseguenze deleterie sul fronte delle relazioni sindacali. Per questo motivo, spesso, propongono di accompagnare il licenziamento, con servizi di outplacement e coaching al fine di sostenere il lavoratore e favorirne una veloce ricollocazione nel mercato del lavoro.
Se il servizio di outplacement e/o di coaching viene condotto con professionalità ed efficacia, nel medio lungo, periodo le persone licenziate, soprattutto se quadri e dirigenti iniziano ad avvertire nei confronti della loro ex azienda un sentimento di gratitudine e rispetto, con ovvie ripercussioni sul piano dell’immagine aziendale. Una minore attenzione è invece rivolta a coloro che hanno mantenuto il posto di lavoro a seguito di una forte ristrutturazione aziendale e che nella letteratura psicologico aziendale vengono definiti i “sopravvissuti al licenziamento”.
I primi studi, sugli effetti emotivo/comportamentali, prodotti da un licenziamento collettivo, nei confronti di chi rimane in azienda, sono stai effettuati a partire dalla metà degli anni ottanta. Tali studi hanno smentito definitivamente, l’errata e diffusa convinzione che i lavoratori risparmiati dalla ristrutturazione nutrano, nei confronti dell’azienda, un sentimento di gratitudine e riconoscenza per il solo fatto di non essere stati prescelti per il licenziamento.
Al contrario, si è invece scoperto che queste persone, pur privilegiate per non doversi confrontare con la perdita del posto di lavoro, subiscono spesso una destabilizzazione che si ripercuote sia a livello psicologico che a livello lavorativo.
Il licenziamento di colleghi, alcuni dei quali nel tempo sono diventati amici, genera in coloro che restano, una serie di disagi che vengono equiparati a quelli della cosi detta “sindrome del sopravvissuto”. Ansia, frustrazione, delusione,rabbia, e risentimento, sono le emozioni che pervadono l’animo di chi rimane in azienda e che se non gestite adeguatamente possono portare ad un notevole abbassamento del commitment e della fedeltà aziendale, con inevitabili deleterie conseguenze per la produttività.
Gli Executive delle Risorse Umane sanno che devono fare molta attenzione al modo in cui attuare un ridimensionamento, per evitare di danneggiare l’azienda, e rendere quindi vani gli obiettivi che la ristrutturazione si era posta.
Sulla base dell’ esperienza maturata a sostegno delle imprese che hanno attivato una ristrutturazione, abbiamo individuato una serie di azioni, che se attuate con tempestività consentono di ripristinare velocemente la motivazione ed il commitment di coloro che sono stati risparmiati da un licenziamento collettivo. Classifichiamo tali azioni, secondo il noto modello di Herzberg, in azioni IGIENICHE e azioni MOTIVANTI.
Come è noto Herzberg, considera i fattori igienici quelle azioni e condizioni che non motivano, ma che se assenti generano sospetto, malcontento ed insoddisfazione quindi demotivazione.
I fattori motivanti al contrario, generano (se i fattori igienici sono soddisfatti) una spinta all’azione in quanto percepiti in grado di soddisfare un bisogno.
Individuare i fattori motivanti può essere alquanto complesso e richiedere, in taluni casi la realizzazione di un’indagine di clima.
Al contrario abbiamo avuto modo di riscontrare che i fattori igienici finalizzati alla ricostruzione del commitment dei sopravvissuti ad un licenziamento, sono sostanzialmente simili per tutte le aziende, a prescindere dall’organizzazione aziendale.
Ci limitiamo pertanto ad elencare le quattro azioni che abbiamo riscontrato essere in grado di generare le condizioni “igieniche” in tutte le aziende con le quali abbiamo collaborato.
1) Comunicare e dimostrare ai lavoratori che le procedure di licenziamento sono state eseguite con un criterio di equità, che sono state effettuate per una giusta causa, e che l’azienda metterà in atto tutte le procedure per agevolare i colleghi in uscita attraverso l’uso di ammortizzatori sociali, servizi di outplacement, eo/ coaching o facilitando la partecipazione a corsi di formazione finalizzati alla riqualificazione professionale.
2) Una volta comunicati i criteri di equità e spiegati i motivi di giusta causa, occorre lavorare per mantenere alta la fiducia nei confronti dell’azienda, si devono fare tutti gli sforzi necessari per mitigare la sensazione di violazione del contratto psicologico nel quale l’azienda si era impegnata al momento dell’assunzione, promettendo sicurezza,opportunità di carriera, formazione e crescita professionale in cambio di fedeltà.
3) Fornire, a chi resta, gli strumenti necessari per poter far fronte alle nuove richieste lavorative, attuare una equa redistribuzione del carico di lavoro ed un re-enginerering dei processi organizzativi per favorire e facilitare il cambiamento organizzativo.
4) Mantenere alta l’interazione comunicativa tra lavoratori ed azienda, in modo continuativo e costante. Informare i lavoratori sui provvedimenti che l’azienda sta attuando per portare a termine la ristrutturazione con il conseguente rilancio dell’impresa appagando cosi il bisogno di sicurezza.
Una volta attuati le quattro azioni sopra elencate, gli Executive delle Risorse Umane saranno di attuare un nuovo sistema premiante, incentivando, i lavoratori a trovare una nuova energia, una nuova coesione e quindi un nuovo commitment per poter perseguire i nuovi obiettivi indicati dal management.
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